Assolombarda prepara un futuro a misura d'impresa. C'è da stare attenti

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Con un “libro bianco” di una settantina di pagine Assolombarda, l’associazione dei padroni che si sentono in Europa diretta da Carlo Bonomi, ha descritto quello che dovrà essere il futuro del lavoro, ma non solo.


L’idea, in sé molto semplice, è quella di individuare gli accorgimenti da prendere per poter indirizzare a proprio vantaggio, a vantaggio delle imprese della punta meridionale del triangolo produttivo europeo, le trasformazioni che la tecnologia sforna in continuazione provvedendo a cambiare la realtà e i meccanismi di produzione.


Non è un libro dei sogni, né tantomeno un elenco di desiderata irrealizzabili quello che si propone Assolombarda con il suo libro bianco. Piuttosto, anche per la tempistica con cui è stato editato, fa pensare ad un interessato e un po’ ordinatorio promemoria al prossimo governo che ha, tra i suoi maggiori attori, quella Lega ex nord ma pur sempre molto vicina ai produttori del nord.


L’orizzonte è la partecipazione alla competizione internazionale all’interno del polo europeo, e fin qui lo sapevamo tutti, ma anche una lettura della nuova fase di globalizzazione che, esaurito ad esempio l’esperimento della delocalizzazione oggi punta ad un mercato del lavoro interno talmente deregolato da far impallidire i benefici di quella scelta ormai da abbandonare.


Non ci sono più orari di lavoro, non serve più il luogo di lavoro e pertanto non esiste nemmeno più il salario rapportato allo spazio e al tempo in cui il lavoro si dipana. Tutto è legato alla performance, a quanto si produce senza i lacci del tempo e dello spazio. Senza minimamente attardarsi a definire le forme del lavoro, la loro intensità e il loro valore. La discrezionalità di impresa è l’unico parametro possibile.


Ma nel ponderoso studio di Assolombarda e di Adap c’è molto di più, c’è un’idea di società completamente soggetta all’interesse di impresa, dalla scuola delle competenze in cui addirittura si ipotizza che l’alternanza scuola lavoro abbia inizio dalle scuole elementari portando i bambini a visitare le fabbriche o in cui i dirigenti d’azienda debbano avere possibilità di docenza con pari dignità rispetto agli insegnanti fino ad una semplificazione e razionalizzazione del diritto del lavoro “che non sia pregiudizialmente ostile all’impresa”, così seppellendo per sempre la dovuta propensione alla salvaguardia del soggetto debole nelle controversie di lavoro.


Ma ce n’è per il welfare, che viene declinato in tutte le sue forme, da quello aziendale a quello contrattuale, in un’apoteosi destinata a seppellire per sempre il welfare universale; ce n’è per la contrattazione, che non può che essere principalmente, quasi esclusivamente si legge tra le righe, a carattere aziendale; ce n’è per gli ammalati, i cronici, i diversamente abili per i quali bisogna trovare il modo di renderli produttivi; ce n’è per le donne a cui viene proposta la sostituzione della maternità facoltativa con voucher per il pagamento di baby-sitter e asili nido; ce n’è per la rappresentanza dei lavoratori e delle imprese per la cui regolazione serve certamente una legge “…che può essere utile nella misura in cui non sostituisce le parti ma recepisce i loro accordi….”.


Insomma ce n’è per tutti, in un mondo disegnato da loro per conquistare finalmente quello spazio di manovra indispensabile nelle nuove forme del lavoro e nelle pieghe in cui si dipana la fabbrica 4.0 ad accrescere enormemente i loro profitti basati sullo sfruttamento degli uomini e delle risorse del pianeta. C’è da stare attenti.



Unione Sindacale di Base