Finanziaria - INIZIA IL RITIRO DELLO STATO, NON DAL LIBANO, MA DAL TERRITORIO ITALIANO

Roma -

Mentre il governo stanzia centinaia di milioni per inviare le truppe in Libano, con la Finanziaria 2007 preannuncia la più vasta operazione di smobilitazione e disimpegno dello Stato dal territorio nazionale. La chiusura preannunciata di 300 sedi provinciali di vari ministeri vuol dire l’allontanamento dello Stato dai cittadini, dai loro bisogni, dalle loro esigenze.
Rimarranno soltanto i posti di polizia, le carceri, le prefetture il che darebbe un senso solo repressivo alla presenza dello Stato.
Ispettorati del lavoro, Provveditorati agli Studi, Dipartimenti del Tesoro, Uffici della Motorizzazione sparirebbero dal territorio e con essi i servizi che vengono garantiti ai cittadini utenti. Cittadini che subirebbero forti disagi e aumento dei costi per usufruire degli stessi servizi.
In termini di costi, poi, questa operazione comporterà la perdita di migliaia di posti di lavoro sul territorio e la "deportazione" dei dipendenti o nei nuovi uffici regionali (situati nei capoluoghi) o in uffici locali di altre amministrazioni (comuni, province) depauperando professionalità ed esperienza.
Il risparmio in termini economici sarebbe irrisorio e tutto a carico dei cittadini e dei lavoratori, il danno che questa scellerata manovra può provocare non è valutabile solo in termini economici ma nella percezione dello Stato sempre più "gabelliere" sempre meno garante dei diritti universali.
Per la RdB/CUB sarà la mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini a contrastare il disegno perverso di chi ha perso qualsiasi contatto con gli interessi dei lavoratori e delle fasce sociali più deboli.
La RdB/CUB P.I. - Settore Statali fin da ora proclama lo stato di agitazione in tutto il comparto e impegna le proprie strutture per il contrasto di questa scellerata manovra coinvolgendo in questo anche i cittadini-utenti.
Tutte le iniziative di lotta saranno messe in campo fin da subito e serviranno a preparare la risposta che la Confederazione si appresta a dare con lo sciopero generale in autunno.


1 settembre 2006 - Agi

FINANZIARIA: RDB, TAGLI SMOBILIZZANO STATO SU TERRITORIO

Roma - "Mentre il Governo stanzia centinaia di milioni per inviare le truppe in Libano, con la Finanziaria 2007 preannuncia la piu' vasta operazione di smobilitazione e disimpegno dello Stato dal territorio nazionale. La chiusura preannunciata di 300 sedi provinciali di vari ministeri vuol dire l'allontanamento dello Stato dai cittadini, dai loro bisogni, dalle loro esigenze.Rimarranno soltanto i posti di polizia, le carceri, le prefetture il che darebbe un senso solo repressivo alla presenza dello Stato". E' la valutazione delle RDB, che in una nota a firma Cataldo di Napoli, sulla questione-pubblico impiego, ricordano che "ispettorati del lavoro, Provveditorati agli Studi, Dipartimenti del Tesoro, Uffici della Motorizzazione sparirebbero dal territorio e con essi i servizi che vengono garantiti ai cittadini utenti. Cittadini che subirebbero forti disagi e aumento dei costi per usufruire degli stessi servizi". Per questo la RdB/CUB P.I. - Settore Statali ha proclamato lo stato di agitazione in tutto il comparto e impegna "le proprie strutture per il contrasto di questa scellerata manovra coinvolgendo in questo anche i cittadini-utenti".


1 settembre 2006 - Ansa

FINANZIARIA: COBAS PUBBLICO IMPIEGO, SUBITO MOBILITAZIONE
LA CUB PROTESTA CONTRO CHIUSURA 300 SEDI PROVINCIALI MINISTERI

ROMA - Le rappresentanze sindacali del pubblico impiego della Confederazione unitaria di base hanno indetto una mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali di vari ministeri e per ''contrastare il disegno perverso di chi ha perso qualsiasi contatto con gli interessi dei lavoratori e delle fasce sociali piu' deboli''.La Cub Settore Statali, quindi, ''fin da ora proclama lo stato di agitazione in tutto il comparto e impegna le proprie strutture per il contrasto di questa scellerata manovra coinvolgendo in questo anche i cittadini-utenti''. L'organizzazione di base spiega inoltre che ''tutte le iniziative di lotta saranno messe in campo fin da subito e serviranno a preparare la risposta che la Confederazione si appresta a dare con lo sciopero generale in autunno''. ''Mentre il governo stanzia centinaia di milioni per inviare le truppe in Libano, con la Finanziaria 2007 si preannuncia la piu' vasta operazione di smobilitazione e disimpegno dello Stato dal territorio nazionale'' afferma la Cub secondo la quale ''la chiusura preannunciata di 300 sedi provinciali di vari ministeri vuol dire l'allontanamento dello Stato dai cittadini, dai loro bisogni, dalle loro esigenze''. ''Rimarranno soltanto i posti di polizia, le carceri, le prefetture il che darebbe un senso solo repressivo alla presenza dello Stato. Ispettorati del lavoro, Provveditorati agli Studi, Dipartimenti del Tesoro, Uffici della Motorizzazione - dice l'organizzazione - sparirebbero dal territorio e con essi i servizi che vengono garantiti ai cittadini utenti''. In termini di costi, per la Cub, ''questa operazione comportera' la perdita di migliaia di posti di lavoro sul territorio e la 'deportazione' dei dipendenti o nei nuovi uffici regionali (situati nei capoluoghi) o in uffici locali di altre amministrazioni (comuni, province) depauperando professionalita' ed esperienza''. Per il sindacato il ''risparmio in termini economici sarebbe irrisorio e tutto a carico dei cittadini e dei lavoratori, il danno che questa scellerata manovra puo' provocare non e' valutabile solo in termini economici ma nella percezione dello Stato sempre piu' gabelliere sempre meno garante dei diritti universali''.


1 settembre 2006 - Apcom

FINANZIARIA/ RDB-CUB: GOVERNO PREPARA SMOBILITAZIONE DELLA P.A.
"Questa operazione costerà migliaia di posti di lavoro"

Roma - "Mentre il Governo stanzia centinaia di milioni per inviare le truppe in Libano, con la Finanziaria 2007 preannuncia la più vasta operazione di smobilitazione e disimpegno dello Stato dal territorio nazionale. La chiusura preannunciata di 300 sedi provinciali di vari ministeri vuol dire l'allontanamento dello Stato dai cittadini, dai loro bisogni, dalle loro esigenze".
Lo sostengono le Rdb-Cub del pubblico impiego, che in una nota sottolineano che "in termini di costi questa operazione comporterà la perdita di migliaia di posti di lavoro sul territorio".


2 settembre 2006 - Il Tirreno/La Nuova Sardegna/Provincia Pavese/Trentino/Alto Adige

Epifani: se le posizioni restano queste non vedo margini per un’intesa. Critici anche Prc, Pdci e Verdi
Sindacati: «Avanti così e sarà scontro»
Ma Fassino: «Senza interventi rigorosi l’Italia rischia di andare alla deriva»
di ALESSANDRO CECIONI

ROMA - Tagli a pensioni, enti locali, sanità e Pubblico impiego. Se la Finanziaria va avanti in questa direzione, avvertono i sindacati, sarà scontro. «Se le posizioni restano queste non vedo margini per un’intesa», dice Guglielmo Epifani, Cgil. E sulle pensioni aggiunge: «Con disincentivi e innalzamento dell’età la proposta finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». I sindacati di base del Pubblico impiego parlano già di sciopero generale della categoria contro la chiusura di 300 uffici periferici. Ventisette giorni al varo della Finanziaria (sarà approvata nel consiglio dei ministri del 29 settembre), se ne conoscono le linee generali, l’entità complessiva (30 miliardi) e poco altro, eppure le tensioni sono già altissime. Anche nella maggioranza. «O si fa una Finanziaria di rigore o l’Italia rischia la deriva», risponde Piero Fassino, leader dei Ds, ai sindacati. Poi sulle pensioni ammonisce: «E’ irrealistico pensare di abolire tout court lo scalone. O discutiamo con i sindacati come rimodulare l’età pensionabile o va a finire che ci teniamo lo scalone. E’ giusto porsi il problema di tempo, di attività più lunga perché la vita si è allungata». Fassino ha anche proposto di ridurre ad una sola le finestre di pensionamento per il 2007. «Non sarà un dramma se chiediamo a un lavoratore di aspettare qualche mese in più».
Tutto mentre dal Tesoro arrivano rosei dati sul fabbisogno statale, conseguenza, ma non solo, delle migliori entrate fiscali. Rispetto allo stesso periodo del 2005 i primi otto mesi di quest’anno portano a una diminuizione del fabbisogno statale del 37,5%, da 58mila 323 milioni a 36mila 400.
«Il quadro è chiaro, così come anche la responsabilità - dice Francesco Rutelli, leader della Margherita e vicepresidente del consiglio - Sono convinto che anche dalle parti sociali arriveranno idee e proposte per migliorare una Finanziaria che rimane fissa nei numeri e che sarà discussa nei suoi aspetti pratici». «Tutti temiamo per la spesa sociale - dice Pierluigi Bersani, ministro dello Sviluppo economico - ma siamo centrosinistra e massacri sociali non ne facciamo, sia chiaro».
L’ala sinistra dell’Unione (Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani) non è d’accordo. «La Finanziaria deve essere molto diversa da quella del centrodestra - dice Alfonso Pecoraro Scanio, Verdi, ministro dell’Ambiente - non è accettabile una manovra di sacrifici, lacrime e sangue, non lo tollereremo, inizino a pagare gli speculatori, non chi è in difficoltà». «Siamo d’accordo con i sindacati - dice Franco Giordano, segretario di Rifondazione - non possiamo produrre una politica di tagli, tanto meno su pensioni e Sanità, per questo chiediamo un mutamento dell’ammontare della manovra e una riconsiderazione dei tempi a livello europeo». «Con Bruxelles non c’è margine di trattativa», fa sapere Emma Bonino, ministro delle Politiche comunitarie e del Commercio estero. Ma una trattativa con la Ue la chiedono anche i Comunisti italiani: «Il faro della manovra deve essere la difesa dei salari e delle pensioni, senza compressione dei servizi sociali essenziali - dice Pino Sgobio, capogruppo alla Camera - va contrattato con la Ue un rientro sul debito pubblico senza penalizzare ceti popolari».
I ceti popolari stanno a cuore anche all’Udeur: «Ribadiamo che il rigore non può ridurre gli interventi per imprese e fasce deboli, tagli alla Sanità, alla giustizia e agli enti locali non sono possibili», dice Mauro Fabris, capogruppo a Montecitorio. Lunedì il ministro dell’Economia, Padoa-Schioppa, e il presidente del consiglio, Romano Prodi, incontreranno i capigruppo parlamentari dell’Unione, la vera discussione prende il via.


2 settembre 2006 - La Sicilia

Sindacati e Prc: «No ai tagli»
di Elvio Sarrocco

Roma - «Ascolteremo tutti, le parti sociali e anche tutti i partiti della nostra coalizione». Lo annuncia il vice presidente del consiglio Francesco Rutelli precisando che il governo ha fissato «i numeri e gli obiettivi» della legge finanziaria che ora sarà discussa nei suoi aspetti pratici. Il governo è così pronto ad ascoltare le critiche e le proposte degli alleati.
L'appuntamento è per lunedì mattina a palazzo Chigi. Romano Prodi, il ministro dell'economia Tommaso Padoa- Schioppa incontreranno i capigruppo della maggioranza.
Sarà l'occasione per i Verdi, Prc e Pdci di ribadire la loro contrarietà a diversi tagli previsti soprattutto per quanto riguarda la sanità e le pensioni.
Noi siamo d'accordo con i sindacati, avverte il segretario del Prc Franco Giordano, e diremo no a tagli su capitoli decisivi come la sanità e le pensioni.
Si preannuncia, intanto, un settembre caldo nei rapporti tra governo e sindacati, che temono gravi ripercussioni dalla Finanziaria sulla tenuta dello stato sociale. L'ammorbidimento della manovra a 30 miliardi non convince le rappresentanze dei lavoratori, allarmati innanzitutto dalle dichiarate intenzioni dell'esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e dalle indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego. «Così si andrà allo scontro» avverte il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che critica il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si spinge ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». Tesi, questa, condivisa anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che annuncia: se salta la concertazione «se ci vogliono fregare, non mancherà occasione per dare una risposta».
Il governo si affretta quindi a chiarire i margini di intervento sulle pensioni: dal ministero del Lavoro si precisa che « è destituito da fondamento» l'innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità, ma si conferma che è allo studio l'ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni. Un'ipotesi subito bocciata dalla Uil:«sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario», mette in chiaro il segretario generale Luigi Angeletti, che ribadisce anche il no del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse, non si possono ridurre», taglia corto Angeletti. Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all'entità della manovra e all'intervento di Bruxelles. Il boom del gettito, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Sospetta anche «la tempestività degli interventi di Almunia» dice Bonanni ed anche Epifani li giudica «fuori luogo».
Dal sindacato, intanto, iniziano ad arrivare i primi annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione dei sindacati sarà compatta perchè sono in gioco i diritti dei lavoratori» avverte il segretario dell'Ugl, Renata Polverini, che bolla l'intero impianto della manovra come «ingiusto» e parla di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom annuncia che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno ed ha mobilitato il comparto del pubblico impiego per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali.


2 settembre 2006 - Gazzetta del Mezzogiorno

La Cdl attacca: sulla manovra notizie inquietanti, Prodi venga in Parlamento
Finanziaria, in vista settembre caldo sindacati contro i tagli allo stato sociale

ROMA - Si preannuncia un settembre caldo nei rapporti tra governo e sindacati, che temono gravi ripercussioni dalla Finanziaria sulla tenuta dello stato sociale, spalleggiati in questo anche dall'ala sinistra del governo. L'ammorbidimento della manovra a 30 miliardi non convince le rappresentanze dei lavoratori, allarmati innanzitutto dalle dichiarate intenzioni dell'esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e dalle indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego. «Così si andrà allo scontro» avverte il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che critica il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si spinge ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». Tesi, questa, condivisa anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che annuncia: se salta la concertazione «se ci vogliono fregare, non mancherà occasione per dare una risposta». Il governo si affretta quindi a chiarire i margini di intervento sulle pensioni: dal ministero del Lavoro si precisa che « è destituito da fondamento» l'innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità, ma si conferma che è allo studio l'ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni. Un'ipotesi subito bocciata dalla Uil: «sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario», mette in chiaro il segretario generale Luigi Angeletti, che ribadisce anche il no del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse, non si possono ridurre», taglia corto Angeletti. Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all'entità della manovra e all'intervento di Bruxelles. Il boom del gettito, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Sospetta anche «la tempestività degli interventi di Almunia» dice Bonanni ed anche Epifani li giudica «fuori luogo». Dal sindacato, intanto, iniziano ad arrivare i primi annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione dei sindacati sarà compatta perchè sono in gioco i diritti dei lavoratori» avverte il segretario dell'Ugl, Renata Polverini, che bolla l'intero impianto della manovra come «ingiusto» e parla di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom annuncia che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno ed ha mobilitato il comparto del pubblico impiego per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali. Se i rapporti si fanno tesi con il sindacato, anche nella maggioranza l'ala più a sinistra fa muro e già lunedì è previsto un vertice a palazzo Chigi tra Prodi e i capigruppo dell'Unione. «Ora è il momento di far pagare gli speculatori, non certo i pensionati ed i lavoratori», afferma il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Il sottosegretario al Lavoro, Rosa Rinaldi, boccia i disincentivi per andare in pensione e invita a riportare la «bussola» della Finanziaria «sui temi sociali e di equità che hanno improntato il programma dell'Ulivo». «Sono d'accordo con i sindacati. Non possiamo rischiare una politica di tagli, tantomeno su sanità e pensioni», si schiera il segretario del Prc Franco Giordano, anche lui contrario ai disincentivi per andare in pensione. Dall'opposizione continua intanto il fuoco di fila delle critiche. Silvio Berlusconi fa dire al suo portavoce, Paolo Bonaiuti, che le notizie sulla manovra sono «inquietanti». E Fi chiede ai sindacati se non intendano scendere in piazza come ai tempi del governo della Cdl. Il leghista Roberto Calderoli invita Prodi a riferire in Parlamento e gli suggerisce di dimettersi se non ha i numeri per sostenere la manovra, mentre per Maurizio Ronconi dell'Udc il governo ormai «è in braghe di tela». Da An, con il capogruppo al Senato Altero Matteoli, arriva la promessa che la Cdl «farà tutto il possibile per evitare che il governo metta le mani nelle tasche degli italiani».


2 settembre 2006 - Il Cittadino

Pensioni, sindacati pronti allo scontro
Bocciati gli incentivi per restare al lavoro: «Finanziaria da rifare»

ROMA - Si preannuncia un settembre caldo nei rapporti tra governo e sindacati, che temono gravi ripercussioni dalla Finanziaria sulla tenuta dello stato sociale, spalleggiati in questo anche dall’ala sinistra del governo. L’ammorbidimento della manovra economica da 35 a 30 miliardi di euro non convince le rappresentanze dei lavoratori, allarmati innanzitutto dalle dichiarate intenzioni dell’esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e dalle indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego per recuperare ciò che manca alle casse pubbliche.«Così si andrà allo scontro» avverte, dalle colonne de la Repubblica, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che critica il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si spinge ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». Tesi, questa, condivisa anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che, su La Stampa, annuncia: se salta la concertazione «se ci vogliono fregare, non mancherà occasione per dare una risposta». Il governo si affretta quindi a chiarire i margini di intervento sulle pensioni: dal ministero del Lavoro si precisa che «è destituito da fondamento» l’innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità (quella cui si ha diritto semplicemente in base all’età e non agli anni di contributi versati), ma si conferma che è allo studio l’ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni. Un’ipotesi subito bocciata dalla Uil: «Sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario», mette in chiaro il segretario generale Luigi Angeletti, che ribadisce anche il "no" del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse, non si possono ridurre», taglia corto Angeletti.Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all’entità della manovra e all’intervento di Bruxelles. Il boom del gettito fiscale, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Sospetta anche «la tempestività degli interventi di Almunia» dice Bonanni ed anche Epifani li giudica «fuori luogo».Dal sindacato, intanto, iniziano ad arrivare i primi annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione dei sindacati sarà compatta perché sono in gioco i diritti dei lavoratori» avverte il segretario dell’Ugl, Renata Polverini, che bolla l’intero impianto della manovra come «ingiusto» e parla di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom annuncia che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno ed ha mobilitato il comparto del pubblico impiego per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali. Se i rapporti si fanno tesi con il sindacato, anche nella maggioranza l’ala più a sinistra fa muro e già lunedì è previsto un vertice a palazzo Chigi tra Prodi e i capigruppo dell’Unione. «Ora è il momento di far pagare gli speculatori, non certo i pensionati ed i lavoratori», afferma il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Il sottosegretario al Lavoro, Rosa Rinaldi, boccia i disincentivi per andare in pensione e invita a riportare la «bussola» della Finanziaria «sui temi sociali e di equità che hanno improntato il programma dell’Ulivo». «Sono d’accordo con i sindacati. Non possiamo rischiare una politica di tagli, tantomeno su sanità e pensioni», si schiera il segretario del Prc Franco Giordano, anche lui contrario ai disincentivi per andare in pensione. E anche il sottosegretario allo Sviluppo, Alfonso Gianni, dice: «È una Finanziaria complessivamente sbagliata». «La Finanziaria non può colpire chi ha votato per questo governo», commenta Marco Rizzo, eurodeputato del Pdci. E anche l’Udeur protesta: «Lunedì andremo alla riunione ribadendo che non sono possibili tagli a sanità e fasce più deboli. La manovra non deve danneggiare le classi più povere», mette in chiaro il capogruppo alla Camera, Mauro Fabris.


2 settembre 2006 - L'Eco di Bergamo

Pensioni, il sindacato dà battaglia
Cgil, Cisl e Uil bocciano i disincentivi: così si rischia lo scontro, pronti ad una risposta ferma. Via dal lavoro a 62 anni? Il ministro smentisce ma la Cdl attacca: misure confuse e sbagliate

ROMA Si preannuncia un settembre caldo nei rapporti tra governo e sindacati, che temono gravi ripercussioni dalla Finanziaria sulla tenuta dello Stato sociale, spalleggiati, in questo, anche dall'ala sinistra del governo. L'ammorbidimento della manovra a 30 miliardi non convince le rappresentanze dei lavoratori, allarmati innanzitutto dalle dichiarate intenzioni dell'esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e dalle indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego.
«Così si andrà allo scontro» avverte, dalle colonne di Repubblica, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che critica il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si spinge ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni». Tesi, questa, condivisa anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che, su La Stampa di Torino, annuncia: se salta la concertazione «se ci vogliono fregare, non mancherà occasione per dare una risposta». Il governo si affretta quindi a chiarire i margini di intervento sulle pensioni: dal ministero del Lavoro si precisa che « è destituito da fondamento» l'innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità, ma si conferma che è allo studio l'ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni. Un'ipotesi subito bocciata dalla Uil: «Sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario», mette in chiaro il segretario generale Luigi Angeletti, che ribadisce anche il no del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse, non si possono ridurre», taglia corto Angeletti.
Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all'entità della manovra e all'intervento di Bruxelles. Il boom del gettito, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Sarebbe sospetta anche «la tempestività degli interventi di Almunia» dice Bonanni ed anche Epifani li giudica «fuori luogo». Dal sindacato, intanto, iniziano ad arrivare i primi annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione dei sindacati sarà compatta perché sono in gioco i diritti dei lavoratori» avverte il segretario dell'Ugl, Renata Polverini, che bolla l'intero impianto della manovra come «ingiusto» e parla di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom annuncia che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno ed ha mobilitato il comparto del pubblico impiego per protestare contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali. Se i rapporti si fanno tesi con il sindacato, anche nella maggioranza l'ala più a sinistra fa muro: «Ora è il momento di far pagare gli speculatori, non certo i pensionati ed i lavoratori», afferma il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio e il sottosegretario al Lavoro, Rosa Rinaldi, boccia i disincentivi per andare in pensione.
La Cdl, intanto, va all'attacco: «Sulla finanziaria emergono le insanabili spaccature tra l'ala riformista e quella radicale dell'Unione ed appare anche chiaro uno stato di pericolosa confusione nel governo. Mi auguro che a pagare il conto dell'incapacità politica della sinistra non siano gli italiani», afferma il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli. «Nel governo e nella maggioranza - aggiunge - fanno a gara a dire ognuno cose diverse dall'altro: dalla riforma delle pensioni, alla reintroduzione dei ticket sanitari, dai tagli alla spesa sociale ai maggiori sacrifici che gli enti locali dovrebbero chiedere ai cittadini non si comprende quale siano le proposte vere del governo». Anche Nedo Poli, responsabile lavoro dell'Udc, giudica «sconsolanti» gli interventi progettati dal governo sulle pensioni che rivelano «un intento punitivo nei confronti delle categorie meno tutelate: i giovani e le donne». «Prodi deve prendere la decisione della vita: o manda a quel paese Padoa-Schioppa e la sua Finanziaria, fatta di tagli dei servizi, e quindi della sanità, delle pensioni e dei trasferimenti agli enti locali, e continua a governare o, viceversa, presenta le dimissioni perché non è più appoggiato da una maggioranza, viste le dichiarazioni rese da almeno tre forze politiche della sua coalizione che sono assolutamente determinanti per i avere i numeri per governare», rincara la dose Roberto Calderoli, coordinatore della Lega Nord e vicepresidente del Senato. Infine il parere di Giuliano Cazzola, economista di area Forza Italia ed esperto di previdenza, secondo il quale l'aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori parasubordinati sarebbe «una rapina compiuta disonestamente ai danni di una categoria tra le più deboli e svantaggiate del mercato del lavoro».


2 settembre 2006 - Gazzetta del Sud

L'ammorbidimento della manovra non convince le rappresentanze
I sindacati pronti all'"autunno caldo"
di Giovanna Carratelli

ROMA – Si preannuncia un "autunno caldo" nei rapporti tra governo e sindacati, che temono gravi ripercussioni dalla Finanziaria sulla tenuta dello Stato sociale, spalleggiati in questo anche dall'ala sinistra del governo. L'ammorbidimento della manovra a 30 miliardi non convince le rappresentanze sindacali, allarmate dalle dichiarate intenzioni dell'esecutivo di intervenire sul capitolo delle pensioni e dalle indiscrezioni su tagli nella sanità e nel pubblico impiego.
«Così si andrà allo scontro» avverte il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che critica il ritorno ad una «vecchia politica dei tagli» e si spinge ad affermare che sulle pensioni «la proposta di questo governo finisce per essere peggiore dello scalone di Maroni».
Tesi condivisa anche dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che annuncia: se salta la concertazione «se ci vogliono fregare, non mancherà occasione per dare una risposta».
Il governo si affretta a chiarire i margini di intervento sulle pensioni: dal ministero del Lavoro si precisa che «è destituito da fondamento» l'innalzamento a 62 anni della pensione di anzianità, ma si conferma che è allo studio l'ipotesi di rendere flessibile lo scalone con disincentivi per chi vuole uscire dal lavoro prima dei 60 anni.
Un'ipotesi subito bocciata dalla Uil: «Sono favorevole solo agli incentivi. Ai disincentivi sono contrario», mette in chiaro il segretario generale Luigi Angeletti, che ribadisce anche il no del sindacato alla revisione dei coefficienti prevista dalla legge Dini e non smentita dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse, non si possono ridurre», taglia corto Angeletti.
Dal fronte sindacale la posizione è compatta anche per quanto riguarda le critiche all'entità della manovra e all'intervento di Bruxelles. Il boom del gettito, dicono Cgil e Cisl, è tale da consentire un taglio ben superiore ai 5 miliardi annunciati. Sospetta anche «la tempestività degli interventi di Almunia», dice Bonanni e anche Epifani li giudica «fuori luogo».
E iniziano ad arrivare gli annunci di mobilitazione. «Sulle pensioni la reazione sarà compatta perchè sono in gioco i diritti dei lavoratori», avverte il segretario dell'Ugl, Renata Polverini, che bolla l'intero impianto della manovra come «ingiusto» e parla di un «clima intollerabile nei confronti dei più deboli». La Fiom annuncia che se saranno confermate le misure per la Finanziaria «la mobilitazione unitaria dei metalmeccanici sarà necessaria». La Confederazione unitaria di base ha già annunciato uno sciopero generale in autunno e ha mobilitato il comparto del pubblico impiego contro la preannunciata chiusura di 300 sedi provinciali.


2 settembre 2006 - Il Giornale

La sinistra affossa la prima manovra Prodi
Veto di Giordano (Prc): «Nessun taglio a pensioni e sanità. Stiamo con i sindacati». Il Pdci: «Finanziaria contro i lavoratori»
di Adalberto Signore

Roma - «No ai tagli, stiamo con i sindacati». Arriva da Rifondazione comunista l'altolà più duro alla Finanziaria illustrata giovedì da Tommaso Padoa Schioppa davanti al Consiglio dei ministri. Con il terzo partito della maggioranza che decide di sfilarsi, in omaggio a quella politica dell'equilibrio inaugurata qualche mese fa dall'allora neopresidente della Camera Fausto Bertinotti. Il Prc, insomma, ha sì scelto di stare al governo con tanto di alto riconoscimento istituzionale, ma arrivati al nodo della manovra non può certo permettersi di farsi scavalcare a sinistra dal resto dell'ala radicale - Pdci in testa - e perdere contatto con le organizzazioni sindacali. Così, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, la linea del partito di Franco Giordano è netta. «Non possiamo in alcun modo rischiare una politica di tagli, tantomeno su capitoli decisivi come quelli della sanità e delle pensioni», spiega il segretario di Rifondazione. E ancora: «Per questo chiediamo un mutamento dell'ammontare complessivo della Finanziaria e una riconsiderazione su scala europea». Insomma, «siamo d'accordo con i sindacati» sul fatto che la manovra possa essere da meno di 30 miliardi di euro come vuole il ministro Padoa Schioppa. Così, spiega il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena, al vertice dell'Unione di lunedì «avanzeremo una serie di proposte tali da segnare una netta discontinuità con il passato» e «definire una Finanziaria di svolta». D'altra parte, dice il sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni, «è una manovra complessivamente sbagliata» e «occorre che le forze politiche» cerchino «un'altra strada».
Che, gli fa eco il presidente della commissione Cultura della Camera Pietro Folena, non preveda «alcun taglio» per «scuola, università e ricerca». Anzi, aggiunge l'esponente del Prc, in questi settori bisogna «trovare nuove risorse».
Simile, se non identica, la rotta seguita dal resto della sinistra radicale. Con Manuela Palermi che parla di una Finanziaria dalla «filosofia sbagliata».«Rigore e risanamento - spiega il capogruppo al Senato dei Verdi-Pdci - sembrano gli unici parametri di riferimento». Per l'eurodeputato del Pdci Marco Rizzo, invece, si tratta di una manovra «contro i lavoratori» e «contro il popolo». Il «faro» della Finanziaria, gli fa eco il capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera Pino Sgobio, dovrebbe essere «la difesa di salari e pensioni». Critico anche il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che parla di manovra «da migliorare». «Ora - dice il leader dei Verdi - è il momento di far pagare gli speculatori, non i pensionati e i lavoratori».
Ancor più decisa, invece, la posizione dei sindacati. Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, segue la linea tracciata da Guglielmo Epifani. E attacca: «Così non va bene, perché c'è una logica di tagli e non di riforme». Per la Fiom-Cgil la Finanziaria contiene «punti di fondo inaccettabili» e, se venissero confermati, sarà inevitabile una «tempestiva mobilitazione dei lavoratori metalmeccanici». Critico anche il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che però tiene molto a sottolineare come la sua opzione non è quella dello «sciopero» ma del «muro unitario insormontabile».
Già sul piede di guerra, invece, i Cobas che hanno indetto una mobilitazione contro l'annunciata chiusura di 300 sedi provinciali di vari ministeri. All'attacco anche il segretario generale dell'Ugl Renata Polverini («ci avevano promesso l'equità, abbiamo visto solo l'entità di una manovra che appare ingiusta e ingiustificata») e quello della Cisal Francesco Cavallaro («con il governo si comincia male, serve concertazione»).
Replica alla critiche il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani, che parla di «manovra impegnativa» e «dedicata alla crescita». E conferma: sarà «da 30 miliardi». Così anche il vicepremier Francesco Rutelli. «Sì a un profondo confronto con i sindacati - dice il leader della Margherita - ma i numeri della manovra restano quelli». Insomma, un netto «no, grazie» alle richieste di Rifondazione e sinistra radicale. Antonio Di Pietro, intanto, mette le mani avanti. «Sarà molto difficile - spiega il ministro delle Infrastrutture - lanciare una Finanziaria che risponda alle esigenze infrastrutturali del Paese». Mentre il segretario dei Ds Piero Fassino se la prende con la Commissione Ue («dall'Europa una bacchettata fuori luogo») e manda un messaggio ai sindacati: «Serve rigore o l'Italia rischia la deriva».


2 settembre 2006 - Il Manifesto

Le reazioni - Sindacati: tutti contro

Fiom Cgil
La segreteria nazionale della Fiom ha diffuso ieri un comunicato di forte critica all'impanto della finanziaria. «Le prime indicazioni emerse dal consiglio dei ministri sulla nuova legge finanziaria contengono punti di fondo inaccettabili che, se confermati, porteranno ad un inevitabile conflitto con il mondo del lavoro. L'innalzamento dell'età pensionabile è una misura iniqua socialmente e profondamente sbagliata rispetto al reale andamento del mercato del lavoro che vede sempre più spesso le imprese mettere in discussione il posto di lavoro per i lavoratori più anziani. Interventi sulla sanità, in particolare con i ticket, colpirebbero sopratutto vaste fasce del lavoro dipendente e rappresenterebbero, in ogni caso, una riduzione del diritto alla sanità pubblica. Le politiche annunciate di contenimento della contrattazione e dei salari non sono compatibili con l'effettivo andamento del potere d'acquisto dei lavoratori che, dopo anni di peggioramento, deve essere incrementato. La via del risanamento dei conti pubblici deve invece avvenire con misure di giustizia fiscale e di lotta ai reali sprechi del denaro pubblico: solo così non si compiranno inaccettabili ingiustizie. Per queste ragioni, se venisse confermata questa impostazione, sarà necessario avviare la tempestiva mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, nel quadro delle iniziative unitarie di tutto il movimento sindacale».
Uil
La Uil dice no alle ipotesi avanzate dal ministero del Lavoro sulla definizione di disincentivi per chi a partire dal 2008 decide di lasciare il lavoro prima dei 60 anni. «Parlare di pensioni sui giornali è un modo per farsi del male, facendo aumentare le domande. Nel merito sono favorevole solo a incentivi per chi, pur avendo i requisiti per la pensione, decide di restare al lavoro. Ai disincentivi sono contrario». «Quando si parla di anomalie del sistema previdenziale - ha aggiunto - bisognerebbe andare a guardare i privilegi di cui godono tante categorie, a partire da quelle dei parlamentari e dei professori universitari. Il Governo dovrebbe cominciare a fissare per tutte le categorie il rapporto tra contributi versati e prestazioni che si ricevono che vale per i lavoratori dipendenti». E dice no all'ipotesi avanzata dal ministero del lavoro di disincentivo per chi esce dal lavoro prima dei 60 anni. «Sono contrario agli scioperi preventivi, quando il governo ci dirà la sua opinione vedremo. Cominciamo con l'applicare le regole valide per l'operaio Fiat a tutti, si vedrà che le entrate aumentano». Infine Angeletti ha ribadite il no del sindacato alla revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, prevista dalla legge Dini e non smentita finora dal ministero del Lavoro. «Le pensioni sono già basse - conclude - non si possono ridurre».
Cub-Rdb
«Per il welfare un tale salasso significa lo smantellamento delle protezioni sociali e delle garanzie dei diritti universalmente riconosciuti dalla Costituzione», ha dichiarato Giuliano Greggi delle RdB-CUB Pubblico Impiego. «Affondo al sistema previdenziale pubblico e rilancio della previdenza privata attraverso lo scippo ai lavoratori del Tfr, ticket sulle prestazioni sanitarie e chiusura di presidi ospedalieri, disimpegno dello Stato sul territorio con la chiusura delle sedi provinciali dei ministeri, stanziamento irrisorio per rinnovare i contratti pubblici, abbandono delle autonomie locali a se stesse: è questa la cura da cavallo che il governo sta preparando e saranno proprio i lavoratori dipendenti e le fasce più
deboli a pagarne pesantemente le conseguenze». «La risposta dei lavoratori a queste provocazioni non si farà attendere e sarà la mobilitazione generale e generalizzata di tutto il mondo del lavoro fino allo sciopero generale».