Il crollo della palazzina di Barletta: è questo il loro modello di crescita e di competitività

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Le macerie che hanno mortalmente coperto i corpi delle quattro operaie nel maglificio di Barletta hanno disvelato un modello di feroce competitività che nega diritti, salute e la stessa vita.

Operaie, donne che lavoravano in nero senza diritti, per 3.95 euro l’ora, su turni massacranti di 14 ore al giorno, in locali fatiscenti e pericolanti: un segreto pubblico quello del nuovo schiavismo del XXI secolo, che si nutre di sudore ma anche di sangue.

Il settore del tessile, come in altri settori, il lavoro grigio, irregolare, illegale non è più l’eccezione che conferma la regola, ma è la regola che sta alla base della capacità di competere con gli altri paesi produttori, sono i 275 miliardi di euro l’anno legati al lavoro nero, secondo stime prudenziali, sono i più di 2 milioni di lavoratori e lavoratrici in nero.

Una regola che si afferma, quella della radicale precarietà e della negazione dei minimi diritti: come potrebbe essere altrimenti con il ricatto della disoccupazione crescente, con il crescendo di nuove leggi e norme che tolgono certezza nei diritti, se si legalizzano e si sanano abusi e sfruttamento.

Una regola che si afferma, se si tolgono risorse e strumenti a chi dovrebbe controllare e sanzionare padroni e caporali, se la distinzione tra lavoro nero e in regola si accorcia sempre di più in termini di dignità, di salario, di tutele.

E’ questa la società che ci vogliono imporre, ed ecco come si traducono nella realtà frasi come “sostenere la competitività delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro” e “ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende” contenute nella lettera “segreta” della BCE di Draghi e Trichet, condivisa nei contenuti da maggioranza e opposizione.

Si, è proprio questa la società e la vita che ci vogliono imporre: basti pensare come il “miracolo economico” nel Distretto tessile di Barletta sia stato osannato, come esempio di competizione internazionale, sia dal giornale della Confindustria, sia da politici e amministratori; gli stessi che ora, commossi, chiedono di non criminalizzare. Ma il crimine c’è.

A Matilde Doronzo, 32 anni, Giovanna Sardaro, 30 anni, Antonella Zaza, 36 anni, Tina Ceci, 37 anni alle loro famiglie e amici, alle tante lavoratrici e lavoratori che stanno anche oggi vivendo questi crimini, a loro dedicheremo la nostra partecipazione alla manifestazione nazionale del 15 ottobre.