Da Terni a Taranto in difesa del lavoro, contro le speculazioni e per la nazionalizzazione dell'industria dell'acciaio

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Dopo una farsa durata mesi, l’AST scopre le sue carte e mette sul tavolo 537 licenziamenti e la chiusura di un altoforno, gettando così sulla strada centinaia di famiglie e mettendo un’ipoteca sul futuro dello stabilimento e del tessuto sociale e produttivo di Terni.

La sera stessa con un metodo liberticida il Governo Renzi faceva approvare la legge delega del Jobs Act, che smantella lo statuto dei lavoratori e stabilisce per legge il primato dell’impresa nei confronti dei lavoratori.

Quello cui stiamo assistendo a Terni, è il risultato di una politica di dismissioni e privatizzazioni che ha lasciato il settore dell’acciaio in mano a speculatori di ogni risma, completamente estranei al territorio, ma semplicemente interessati al profitto costi quel che costi.

Gruppi industriali che come la Thyssen, l’Acelor Mittal si muovono nel continente europeo saccheggiando siti produttivi e territori, accaparrandosi fondi statali ed europei per poi migrare nuovamente verso nuove speculazioni, lasciandosi alle spalle disoccupazione e disastri ambientali.

Taranto, Torino, Terni per parlare dell’Italia, Montenegro e i paesi dell’Est Europa, dovunque i governi raccontano la stessa storia per attrarre capitali bisogna introdurre normative, accordi sindacali e leggi che consentono l’aumento dei ritmi, la riduzione dei salari e una maggiore precarietà. Il tutto accompagnato dalla riduzione dei controlli per la sicurezza ambientale di lavoratori e popolazione.

Anche a Terni l’atteggiamento dell’AST è stato agevolato dalla politica economica del governo nazionale e locale che hanno fatto una chiara scelta di campo a favore delle imprese.

La vergognosa proposta del Governo, con i 290 licenziamenti e i fondi destinati a gestire la dismissione, non solo sono la riproposizione del solito teatrino ma, di fatto, muovono verso le richieste dell’AST.

Se è vero che la produzione dell’acciaio sta attraversando una fase di crisi e allora è ancora più vero che non possibile affrontarla con i criteri del profitto, perché questo vorrebbe dire diminuire i costi di produzione abbassando i salari e le tutele ambientali.

Uno speculatore non è disponibile a rischiare il suo capitale per investimenti tecnologici che consentano di aumentare la produzione rendendola più efficiente. Tanto più in una fase di crisi economica, non metterà mai 1 € per la tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente.

Sono queste ragioni che ci portano a dire che un settore strategico come l’acciaio deve essere riportato sotto il controllo pubblico a Terni come a Taranto.

E’ evidente a tutti che la lotta dei lavoratori dell’AST è la stessa battaglia in difesa dell’occupazione e dell’ambiente condotta dai lavoratori dell’ILVA.
Nei prossimi giorni saremo presenti e daremo visibilità alle mobilitazioni proclamate dai lavoratori AST.

Resistere un minuto più del padrone diceva uno slogan ne avete la forza e la possibilità, in quest’Italia attraversata dalla crisi dove si sente solo la voce del padrone, la vostra lotta è vista con simpatia e solidarietà.

Il 24 ottobre l’USB ha proclamato lo sciopero generale contro le politiche del governo Renzi e per la difesa di salari e dell’ occupazione con manifestazioni in tutte le maggiori città italiane.