LUSSO: GUCCI NON DEVE ROTTAMARE I LAVORATORI

USB: aziende del lusso, in controtendenza, aumentano i fatturati, ma cercano di abbassare ulteriormente i costi del lavoro

Roma -

 

Gucci,  la maison italiana di alta moda e articoli di lusso parte della Gucci Group, divisione della holding francese Kering, sta tentando di incentivare alcuni lavoratori alle dimissioni nei punti vendita di Via dei Condotti e di Via Borgognona, negozi storici nel centro di Roma.

“Sono questi i mirabolanti effetti delle liberalizzazioni e del Jobs Act?”, domanda Francesco Iacovone, dell’Esecutivo Nazionale USB Lavoro Privato. “Non vorremmo che le aziende stessero procedendo ai licenziamenti per poi riassumere ex novo, beneficiando dei grandi vantaggi messi a disposizione dal Governo agli imprenditori”.

Prosegue Iacovone: “Appare strano che l'azienda intenda fare a meno di lavoratori che hanno ricoperto con professionalità ruoli di responsabilità, motivando questo “esodo” con un vago riassetto aziendale. Tra questi lavoratori c'è una giovane mamma e un padre di 2 figli con un mutuo sulle spalle, e riteniamo inaccettabile non tentare soluzioni condivise che tendano alla conservazione del posto di lavoro.”.

“Senza contare che, con l'allargamento della forchetta sociale che vede i ricchi sempre più ricchi e la classe media appiattirsi verso la fascia dei poveri, il lusso ha ripreso a correre a doppia cifra. Dal sole24ore i risultati del primo semestre del 2015 indicano che, su un campione di 15 aziende italiane del lusso, il fatturato è aumentato del 13,2%, passando da 9,282 a 10,506 miliardi. Insomma, ci batteremo con tutte le forze per evitare che questi lavoratori vadano ad ingrossare le fila dei disoccupati per consentire al lusso maggiori profitti.” conclude il rappresentante USB.