La lotta dei braccianti contro lo sfruttamento

Nazionale -

La lotta organizzata dei braccianti per i diritti sindacali e sociali rappresenta un elemento che contraddistingue la nostra confederalità e che mette in evidenza le contraddizioni nella grande filiera dello sfruttamento del lavoro.


È partendo da questa condizione verificata sul campo che l'USB si è impegnata in questi ultimi due anni a Boreano, in località Venosa (Basilicata), per dare voce alla richiesta di giustizia sociale dei braccianti agricoli. Persone costrette a vivere in veri e propri ghetti in condizioni da apartheid. Luoghi e situazioni dove ai braccianti agricoli sono sottratti diritti sindacali e sociali.


Quelle stesse persone che, nella Vulture-Alto Bradano, vengono impiegate nella semina e raccolta di quei pomodori che passando per i banchi dei supermercati, arrivano sulle tavole in Italia e in tutta Europa.


Una filiera che nasconde uno spaccato di contraddizioni sul piano dei diritti e del non rispetto della dignità dei lavoratori. Perché ciò che colora e arricchisce i nostri piatti di pasta è il prodotto della fatica e del sudore di chi risulta persona non gradita quando rivendica, in modo organizzato e collettivo, i propri diritti e la propria dignità. E cerca di farlo attraverso un sindacato indipendente.


Così USB si è impegnata per l'apertura dello “Sportello Diritti” il 24 luglio 2015, in collaborazione con la Chiesa Evangelica Metodista di Venosa.


E proprio perché i braccianti rappresentano strutturalmente la punta dell’iceberg della vulnerabilità sociale e dello sfruttamento che non risparmia l’intera classe lavoratrice, la macchina repressiva ad opera degli enti locali (Comune di Venosa e Regione Basilicata), si è scatenata quando i braccianti hanno iniziato a darsi una forma organizzata.


La determinazione dei lavoratori braccianti ha costretto la Regione Basilicata e il Comune di Venosa a sottoscrivere accordi con USB: una svolta importante rispetto alle politiche di ghettizzazione sociale attuate nei loro confronti e anche perché mettono in evidenza la grande filiera dello sfruttamento organizzato e il mancato rispetto di tutte le norme contrattuali.


A fronte di questa fame di diritti e dignità sono partite le ruspe, accompagnate da una vera e propria caccia alle streghe da parte della Regione Basilicata in nome di una finta lotta al caporalato (sic!) e per la “legalità”. In realtà si è voluto colpire scientificamente l'organizzazione dei braccianti dal punto di vista sindacale, senza intaccare minimamente il caporalato rappresentato dalla grande filiera dello sfruttamento organizzato. Lo stesso Procuratore di Lecce, riferendosi al più volte pubblicizzato disegno di legge sul caporalato in discussione alla Camera, dice che “la nuova legge è una vera schifezza“. La realtà è che non vi è alcuna intenzione di impegnare i datori di lavoro ad assumersi le proprie responsabilità in termini di rispetto dei diritti sindacali e sociali nei confronti dei braccianti.


L'ultimo accordo siglato in data 4 agosto tra l'USB e il Presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, raggiunto a seguito della manifestazione in cui i braccianti si sono incatenati sotto il palazzo della regione a Potenza, ha fissato alcuni fondamentali paletti nella lotta che dovrà continuare e svilupparsi sin dai prossimi giorni.


Ma tiene anche insieme l'aspetto specifico di questa vertenza con l'ottica confederale generale del nostro agire quotidiano perché individua nella scelte dell'Unione Europea attraverso la PAC (politica agricola comune) la decisione di favorire con sussidi comunitari l'agroindustria che da il via a quella filiera dello sfruttamento che insieme alla logistica e alla grande distribuzione sono fattori determinanti nella costruzione del profitto a discapito dei diritti.


L'orizzonte del nostro intervento non riguarda però solo la Basilicata: attraversa l'Italia da nord a sud, dal est ad ovest e abbraccia i vari Rosarno, Nardò, San Ferdinando, Foggia, Castelnuovo Scrivia. Un percorso di lotta da realizzare contestualmente al sostegno alla costruzione di un circuito per un mercato agricolo alternativo, che veda in una diversa visione del sistema di produzione agricolo,l importanza di coniugare i diritti ele esigenze dei piccoli produttori agricoli, i diritti sindacali e il rispetto della dignità dei lavoratori braccianti con le giuste esigenze del consumatore ad un alimentazione genuina e sana non condizionata e alterata dalle esigenze di un sistema alimentare fondato sul profitto.