Intervista a Pierpaolo Leonardi dell'Esecutivo Nazionale USB rilasciata alla rivista contropiano.org

Leonardi (Usb). “Il nostro NO è uno sciopero, anche internazionalista”

Noi con te volevamo parlare per prima cosa da queste due giornate del 21 e 22 ottobre: il 21 lo sciopero generale e poi il 22 la manifestazione da piazza San Giovanni o, meglio, da Piazza Abd Elsalam, che partirà poi il 22 alle 14. Due giornate importanti. Puoi raccontarcele, partendo dallo sciopero generale del 21?

E' molto tempo che nei luoghi di lavoro e nei territori cresce la richiesta di mobilitarsi, di fare sciopero sulle politiche del governo Renzi. Politiche dettate da un’Europa che non si ferma davanti a nulla, che non solo in Italia ma anche in Francia, Belgio e in molti altri paesi sta sostenendo politiche di devastazione del tessuto produttivo e dei diritti dei lavoratori: dal jobs acts alla Loi travail, al blocco, per esempio in Italia, e da molto tempo, dei contratti del pubblico impiego, all’incessante voglia di privatizzazione che sta attraversando tutto il nostro paese. Quindi abbiamo deciso, in occasione della presentazione della legge di stabilità per il 2017, di riportare in piazza il mondo del lavoro sulla piattaforma che l’Usb ha elaborato ormai da molti mesi e che è stata oggetto di un continuo lavoro di diffusione nei luoghi di lavoro e nelle piazze da parte dei nostri compagni e dei nostri militanti. Una piattaforma che ha avuto un importante riscontro di interesse da parte dei lavoratori. Ecco, per sostenere tutto ciò che noi abbiamo collocato nella piattaforma sociale dell’Usb e per respingere i piani del governo, il 21 di ottobre ci sarà questo sciopero generale nazionale che coinvolge tutte le strutture, tutti i comparti del mondo del lavoro, sia pubblico che privato; ma anche quei settori, diciamo così, non immediatamente aggredibili sul piano sindacale come i migranti, i braccianti, tutti quei lavoratori disoccupati, senza casa, che oggi chiedono una profonda inversione di tendenza rispetto alle politiche del governo.

Questo sciopero generale vedrà numerosissime manifestazioni a livello territoriale in tutta Italia. Da Trieste a Catania, in tutte le regioni, nelle più grandi città italiane ci saranno mobilitazioni cortei, presidi, momenti di mobilitazione dei lavoratori.

Il giorno dopo, il 22, invece, saremo come Usb a fianco dei cittadini che hanno dato vita non solo alla campagna Eurostop, ma anche a tutte le altre organizzazioni e movimenti che hanno deciso di aderire, al NoRenziDay. Il NoRenziDay è la risposta non solo politica, ma anche sociale, anche del mondo del lavoro, al tentativo di modificare la Costituzione in senso sempre più autoritario, sempre più centralista, modificando profondamente la rappresentanza politica; e quindi anche la rappresentanza del mondo del lavoro, del blocco sociale che noi rappresentiamo e mettiamo in campo.

Quindi si tratta di un’accoppiata, una due giorni che si tiene complessivamente sul No alle politiche del governo Renzi, sia per quanto riguarda la parte economica, del lavoro, sia per quanto riguarda la parte, diciamo così, più di natura politica e di trasformazione del paese; si modificherebbe sostanzialmente l'assetto istituzionale garantendo al governo, all’esecutivo, uno strapotere enorme che cambierebbe di senso la natura del nostro paese; gli cambierebbe proprio la sua struttura. E’ un impegno grande, per un’organizzazione come la nostra quella, di scendere in campo anche sul piano politico e non solo sul piano sindacale e sociale. Abbiamo scelto di fare questo passaggio perché ci sembra indispensabile oggi, se vogliamo riaprire uno spazio, invertire la tendenza e rompere con la situazione attuale, mettere in campo anche la nostra organizzazione sindacale che, tra l’altro, è l’unica che scende in campo davvero sulla questione del No al referendum. Le altre organizzazioni, in particolar modo la Cisl e la Uil, sostengono a spada tratta il Sì al referendum. La Cgil solo recentemente ha assunto la posizione, abbastanza blanda, per il No, ma non fa campagna elettorale per il No, non chiama i lavoratori ad esprimersi su questo. Quindi ci siamo assunti una responsabilità pesante… Noi riteniamo sia giusto averlo fatto, perché oggi è indispensabile che il mondo del lavoro ritrovi una funzione da protagonista, non solo sul piano sociale, ma anche sul piano politico.

 

 

 

Oltre che nell’esecutivo nazionale dell’Usb, tu sei anche il segretario generale del sindacato mondiale dei lavoratori pubblici; proprio pochi giorni fa si è concluso in Sudafrica il 17esimo congresso della Federazione Sindacale Mondiale. Quando si guardano i numeri che rappresenta la Fsm è davvero impressionante, perché parliamo di decine di milioni di lavoratori in tutto il mondo, con un trend in continua crescita. Come si legano queste giornate di lotta al Congresso della Fsm? Cosa è uscito di importante ad questo Congresso, secondo te?

In primo luogo, il Congresso è stato un momento assolutamente di svolta. Dopo il Congresso dell’Avana, del 2007, e quello di Atene del 2011, che avevano rappresentato la ripresa un po’ della Federazione Sindacale Mondiale dopo il fermo, diciamo così, “biologico” avvenuto dopo la crisi degli anni ’90 (dopo la caduta del Muro e il crollo dell'Urss, ndr), questo è stato un Congresso invece di vero rilancio. Da Atene ad oggi – cioè dal 2011 ad oggi – c’è stata una crescita del 18% nelle adesioni e quindi dei lavoratori che, tramite le loro organizzazioni, si sono collegati alla Federazione Sindacale Mondiale. Oggi siamo 92 milioni, di cui grandi masse sono ovviamente in India, in Brasile, cioè nei grandi paesi in cui ci sono milioni e milioni di lavoratori addetti alla manifattura… Però c’è una diffusione ormai in ogni angolo del pianeta. In ogni angolo del mondo c’è un’organizzazione sindacale che fa riferimento alla Federazione Sindacale Mondiale e quindi fa riferimento al sindacalismo di classe, in contrapposizione evidente e consapevole con le organizzazioni complici dei progetti del capitale che sono invece affiliate alla Ituc, International Trade Union Confederation, la confederazione che si limita a cercare di condizionare i piani del capitale, attuando la cosiddetta politica della riduzione del danno. Questo vuol dire che cresce la coscienza e la disponibilità a livello internazionale di mettere in relazione esperienze completamente diverse: dalla cittadella imperialista europea al Sudafrica, all’India, all’America latina che vive oggi un’aggressione da parte dell’imperialismo molto pesante che si concretizza con l’aggressione al Venezuela, con il golpe bianco in Brasile ecc. Il Congresso ha avuto un esito molto molto positivo e si è dato degli obiettivi molto ambiziosi; il primo dei quali è proseguire nella crescita con l’obiettivo di raggiungere i 100 milioni di aderenti e con il prossimo congresso, quindi entro i prossimi 4 anni.

C'è stata una presenza molto importante dei lavoratori del sindacato di cui io, in qualche modo, ho la responsabilità – quello dei servizi pubblici – perché il 31% dei delegati proveniva, appunto, dai sindacati della funzione pubblica. Abbiamo colto anche l’occasione del Congresso mondiale per stabilire un po’ il programma del prossimo anno, fissando già da ora alcuni momenti di mobilitazione. Ad aprile, quando ci sarà di nuovo la settimana di lotta contro le privatizzazioni, avremo un’iniziativa in Mauritania, una in India e avremo anche, in Equador a marzo, un momento di confronto con le organizzazioni dell’America latina per far crescere ancora di più la nostra organizzazione.

L’altro punto importante è stata la scelta di lavorare molto alla formazione di un nuovo quadro dirigente che sia giovane, che venga dalle lotte, che venga dai paesi che più di ogni altro si stanno oggi battendo contro le aggressioni del capitale. Anche la ricostruzione del Consiglio presidenziale – che è passato da 34 a 48 membri, in cui siamo entrati noi anche come Usb – è un segnale importante della volontà di allargare la nostra presenza su tutti i territori e su tutti i continenti.

Decisivo è invece il problema di aggredire con forza alcune questioni-chiave del nostro tempo, per esempio la questione dei rifugiati e dei migranti… E' la battaglia contro la guerra mondiale a pezzi che si sta combattendo in questo nostro mondo; e le cui risultanze sono all’ordine del giorno dell’iniziativa della Federazione Sindacale Mondiale. Ne deriva quindi una forte spinta a lavorare sulla questione dei migranti, sulla questione dei rifugiati, contro la guerra e contro la Nato.

Insomma, un congresso sicuramente di portata internazionale molto importante. Molti dei compagni che abbiamo intercettato lì a Durban ci hanno rilasciato dichiarazioni di sostegno e di vicinanza al nostro sciopero del 21, lo sciopero generale. E' una consuetudine che le organizzazioni che appartengono al Wftu-Fsm si schierino apertamente, in maniera concreta e solidale, a fianco delle organizzazioni che nei propri paesi mettono in campo momenti di lotta di classe, di organizzazione delle lotte e di sciopero. Questo viene fatto convintamente. C’è una grande attenzione a quello che succede in Europa e soprattutto a quello che succede in Italia, perché l’Europa oggi è un punto chiave dello sviluppo capitalista e della competizione interimperialista e su questo sono molto attente tutte le componenti della Federazione Sindacale Mondiale. C’è un filo rosso che tiene unite le nostre lotte in tutti i paesi e il 21 lo faremo anche mantenendo aperta una finestra importante sulla questione di Abd Elsalam, il nostro compagno ucciso a Piacenza durante un picchetto sindacale. Un egiziano, un migrante, uno che ci stava dando lezioni di disponibilità al conflitto e alla lotta; anche questo sarà un elemento forte della nostra presenza anche internazionalista nello sciopero del 21.

 


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