La voce dei braccianti dalla tendopoli di San Ferdinando, tra sfruttamento e marginalità sociale, al ministro Martina

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La lotta intrapresa dagli attivisti del Coordinamento Lavoratori agricoli USB nelle campagne e nei ghetti è giunta nella tendopoli di San Ferdinando in Provincia di Reggio Calabria (Regione Calabria). In questa  tendopoli situata nella Piana di Gioia Tauro, già teatro dell'uccisione di Sekine Traore da parte di un carabiniere, sono confinati tra disaggio di ogni genere oltre 2000 esseri umani. Un vero esercito di riserva nella raccolta delle arance e agrumi che la filiera della Grande Distribuzione Organizzata e non solo continua a sfruttare alla faccia della Rete del Lavoro agricolo di qualità del Ministro Maurizio  Martina. Questi vi sembrano uomini? verrebbe da chiedersi. Eppure lo sono e fanno parte di quei lavoratori che a parità di mansione svolta, percepiscono spesso una remunerazione salariale decisamente inferiore ai loro colleghi italiani. Per il semplice fatto di essere di un'altra provenienza geografica e non solo. Una ingiustizia lavorativa caratterizzata dalla mancancata corrispondenza degli oneri a carico dei datori di lavoro il più delle volte: previdenziali, sicurezza sul lavoro, trasporto, diritti salariali, infortuni, ecc...

Si continua a distrarre e ingannare l'opinione pubblica, in modo sistematico, dicendo che l'attuale condizione di diritti negati e di sfruttamento dei braccianti sia legata al caporalato. L'approvazione della cosiddetta legge "anticaporalato", con modifica dell'art 6003 bis del codice di procedura penale (sic! ), avrebbe risolto questa situazione che grida vendetta. Quella legge e i suoi tanti promotori, continuano a ignorare questi dannati della terra che non beneficeranno di un cambiamento concreto della loro condizione: mancanza di alloggi, servizi di igienico sanitari, trasporti, mancanza d'acqua calda e di riscaldamento, informazioni sulle norme contrattuali. Insomma mancanza di tutto. E ciò nonostante gli interventi di associazioni come Medu, SOS Rosarno, Emergency, volontari e attivisti laici e religiosi. Perché la volontà dello Stato e delle sue articolazioni territoriali è di tenere sotto ricatto queste braccie sottoposte a un processo di sottrazione di diritti e di negazione della dignità umana.

Le risorse economiche vengono erogate senza una reale progettualità nell'interesse dei braccianti. Anzi, l'unico progetto è quello di ghettizzarli nelle tendopoli, fuori dai centri abitati, che sono delle fabbriche a cielo aperto di lavoro senza diritti. Cosi vengono organizzati convegni o banditi progetti per "l'integrazione" che nella maggioranza dei casi non contribuiscono ad alcun tipo di cambiamento. Per questi motivi rimaniamo convinti, ascoltando i braccianti nelle varie lingue, che  la strada della sindacalizzazione, attraverso l'alfabetizzazione e la formazione, sia la sfida per dare dignità ai braccianti che la filiera dello sfruttamento organizzato continua a schiacciare insieme a molti contadini. Quindi vi è bisogno di soluzioni abitative strutturali per i lavoratori stagionali o stanziali, fuori dalla logica di ghettizzazione sociale o lavorativa, coinvolgendo gli enti locali, datori di lavoro, con un protagonismo dei lavoratori in prima persona in modo collettivo.

L'USB intende perseguire questo progetto di sindacalizzazione, anche in collaborazione con le varie realtà territoriali, nella direzione di un riscatto sociale e lavorativo dei braccianti agricoli, indipendentemente dalla provenienza geografica e dal colore della pelle.