CNEL: CHI LO VOLEVA CHIUDERE OGGI RIVENDICA POSIZIONI DI PRIVILEGIO

Nazionale -

A quanto ci è dato sapere, con ben due mesi di ritardo rispetto alle previsioni di legge, il Consiglio dei Ministri si appresta a varare le nomine per la ricostituzione del CNEL sopravvissuto al referendum del 4 dicembre.


A quanto ci è dato sapere la componente sindacale sarà così composta: 7 posti alla CGIL, 6 alla CISL, 3 alla UIL 1 all’UGL, 1 alla CONFSAL,1 alla CISAL.


Insomma tutti quelli che hanno partecipato alla canea referendaria per dire che il CNEL andava abolito, tutti quelli che sono responsabili in prima persona della pessima nomea del CNEL, tutti quelli che hanno approfittato della propria posizione dominante al suo interno, oggi tornano a farla da padrone.


Ad essere esclusa sarà la rappresentanza di classe, la rappresentanza del conflitto e del sindacato democratico. Infatti nonostante la larga e innegabile rappresentanza del mondo del lavoro che USB esprime, sembra non ci sia stato attribuito nessun componente nel CNEL.


IL Governo costruisce così un CNEL sostanzialmente infarcito di soggetti sindacali che rappresentano il sindacalismo complice e quello fintamente autonomo da sempre dichiaratamente vicino alla destra e sulla cui rappresentanza reale ci permettiamo di dubitare fortemente. Neanche un pallido pluralismo di facciata. Niente. Lo infarcisce cioè di quei soggetti cui gli stessi rappresentanti del Governo nella campagna referendaria del 4 dicembre avevano attribuito le colpe del pessimo funzionamento del Consiglio e degli interessi “di parte” che al suo interno si consumavano attraverso l’attribuzione di onerosissime ricerche ai propri centri studi o ad associazioni, non proprio filantropiche, ad essi collegati.


Tiene invece fuori chi la funzione “Istituzionale” del CNEL ha difeso sia all’interno che all’esterno. Il CNEL è un organismo previsto dalla Costituzione Italiana. La discussione nella Costituente sul ruolo e la funzione che avrebbe dovuto assumere fu piuttosto interessante. Ad essa partecipò e diede il suo contributo anche Giuseppe Di Vittorio, leader della allora unitaria Confederazione Generale del Lavoro e Presidente della Federazione Sindacale Mondiale dal ‘49 in poi. Sulla scorta della scelta Italiana, la necessità di avere un “luogo” stabile e di rango Costituzionale del confronto sulle politiche economiche tra le rappresentanze del lavoro e delle imprese si diffuse in tutto il mondo e a tutt’oggi organismi identici al CNEL esistono non solo in tutti i Paesi Europei e in moltissimi Paesi nel mondo ma esiste anche un ”super Cnel” a livello internazionale che li raccoglie tutti.


C’era un’occasione per portare nella discussione e nella riflessione “alta” un punto di vista diverso da quello dominante sul lavoro e sulle politiche economiche. Un punto di vista formatosi nelle lotte degli operai dell’ILVA, dei dipendenti Alitalia, con il contributo delle RSU di  mille fabbriche diffuse su tutto il territorio nazionale. Un punto di vista consolidato dalla forte e articolata presenza tra i lavoratori pubblici e dei servizi assieme a quello dei braccianti e dei migranti, unitamente all’esperienza mai sufficientemente indagata delle vite precarie.


Questa occasione pare essere sfumata non per destino ma per scelta oculata del governo. Non sfumano le lotte, non sfuma l’organizzazione di classe.

 

Unione Sindacale di Base