Marcia per il clima, contro le grandi opere inutili e per un milione di case popolari: sabato 23 corteo a Roma alle 14 da piazza della Repubblica

Roma -

C’è un modo per difendere l’ambiente, il territorio e il paesaggio e contemporaneamente la salute degli abitanti ed è quello di rilanciare l’azione pubblica nel settore della salvaguardia ambientale, creando al contempo migliaia di posti di lavoro. Quei posti di lavoro che Cgil Cisl e Uil si ostinano a difendere nella realizzazione di tante opere inutili e dannose come la TAV, sono ben poca cosa rispetto ai tanti che si potrebbero creare per combattere il dissesto idrogeologico e prendersi cura dei luoghi in cui viviamo.

Perché questo sia possibile occorre smettere di affidare al sistema delle imprese la difesa dei nostri territori. L’ambiente e la salute messi nelle mani del mercato portano alla situazione nella quale siamo, in cui l’aumento dei disastri naturali è aggravato dalla gestione dei beni comuni per fini privatistici. E questo vale per le autostrade come per le ferrovie, vale per l’edilizia residenziale come per quella scolastica, vale per l’acqua come per l’energia.

E vale anche per i boschi

Il governo Gentiloni, quando già erano passate le elezioni del 4 marzo 2018, ha varato il TUF – Testo Unico per la Forestazione – con il quale si autorizza il disboscamento arbitrario di boschi e foreste del nostro paese al solo scopo di alimentare le centrali energetiche ed elettriche a biomasse, altamente nocive e peraltro fuori mercato (ad esempio la centrale a biomasse del Mercure in Calabria nel 2017, a fronte di un ricavo annuale dalla commercializzazione dell’energia elettrica prodotta di 11 milioni di euro, ha ricevuto contributi statali per oltre 39 milioni di euro). Il governo giallo-verde aveva promesso di abrogare il TUF ma ora invece si appresta a vararne i decreti attuativi.

Il patrimonio forestale del nostro Paese è a rischio. Il susseguirsi di calamità naturali rende urgenti interventi di manutenzione e di salvaguardia ed invece, con il TUF, si sono sottratte ulteriori funzioni all'amministrazione pubblica, favorendo una gestione privatistica ed irresponsabile del nostro patrimonio ambientale per procedere al taglio dei boschi per la produzione di biomasse a fini energetici.

La gestione del patrimonio forestale pubblico, dei boschi e delle aree forestali private abbandonate di ogni tipo, deve essere affidata ad Agenzie multiservizi regionali, dotate di strutture tecniche ed operative adeguate. Dovranno essere queste Agenzie a provvedere alle attività di manutenzione del territorio, della vegetazione lungo i corsi d’acqua, del verde lungo la viabilità provinciale, provvedere allo spazzamento della neve l’inverno, alla creazione di cinture verdi periurbane, di impianti di fitodepurazione nei centri abitati, alle sistemazioni idraulico forestali e gestire il demanio silvo pastorale regionale, la rete dei vivai forestali regionali e le attività operative nelle aree protette regionali, a svolgere le attività di prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, oltre ad assicurare la necessaria operatività alle attività di protezione civile durante le periodiche emergenze, che non si può pensare di affrontare solo con l’aiuto dei volontari.

Rimettere i temi ambientali sotto lo stretto controllo dell'ente pubblico ha la doppia finalità di assicurare che il bene comune della salvaguardia ambientale, della manutenzione del territorio e delle aree interne venga perseguito prima e al disopra di ogni interesse privatistico e promuovere attività ad alto impiego di manodopera con la finalità di aumentare l'occupazione stabile e combattere la marginalità sociale che nelle aree interne ha raggiunto percentuali altissime.

Prendersi cura del proprio territorio è non solo una scelta di civiltà che dobbiamo anche verso le future generazioni, ma una scelta intelligente perché la prevenzione è sempre l'opzione che si rivela meno costosa. Il recente stanziamento di 11 miliardi in tre anni annunciato dal governo per combattere il dissesto idrogeologico sarà un nuovo regalo alle imprese o una vera inversione di marcia?

Fermare le grandi opere inutili significa anche concentrarsi sulla vera grande opera di cui c’è un enorme bisogno: un milione di alloggi popolari attraverso il riuso del patrimonio immobiliare abbandonato e l’utilizzo di quello sfitto.

L’Italia è il paese in Europa con il minor numero di alloggi popolari rispetto all’insieme del patrimonio residenziale, appena il 3%. Germania, Francia, Spagna, ecc hanno il 20-30 o il 40% del patrimonio abitativo a disposizione dei settori popolari che non riescono a sostenere gli affitti da mercato.

Aumentare il patrimonio residenziale pubblico è una necessità che risponde all’emergere di un dramma sempre più diffuso, l’aumento vertiginoso della povertà. Che senso ha istituire un reddito se poi non si riesce ad assicurare una abitazione dignitosa per tutti?

La retorica delle grandi opere che porterebbero sviluppo e lavoro si infrange davanti all’evidenza di una ostinata contrarietà a mettere in campo un Piano straordinario per il rilancio dell’edilizia pubblica. Senza consumo di suolo si potrebbe rilanciare una fetta della nostra economia e realizzare l’unica grande opera fortemente condivisa da milioni di cittadini.

 

USB