USB: sì al salario minimo a 9 euro, no al regime corporativo di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria

Roma -

Lunedì 6 maggio Tavolo tecnico al Ministero del Lavoro

 

Il salario minimo a 9 euro può aiutare a rialzare i salari di tutti. Molti contratti di Cgil, Cisl e Uil infatti stanno sotto e sarebbero milioni i lavoratori che ne usufruirebbero. Attenzione a non regalare a Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il monopolio dei diritti sindacali che appartengono a tutti i lavoratori.

 

Lunedì 6 maggio è nuovamente convocato il Tavolo tecnico al Ministero del lavoro sul disegno di legge sul salario minimo. Usb sarà presente al Tavolo per affermare due principi importanti:

 

Che una soglia di sbarramento alla caduta verso il basso dei salari si rende indispensabile, vista la contrattazione al ribasso di Cgil, Cisl e Uil e l’aggravamento di questa situazione che lascia presagire il Patto della Fabbrica

Che la legge sul salario minimo non può essere il grimaldello per dare riconoscimento formale all’Accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria siglato il 10 gennaio del 2014 che cancella il diritto di sciopero e consegna loro il monopolio dei diritti sindacali.

La cifra dei 9 euro lordi indicata nel disegno di legge della senatrice Catalfo, per quanto insufficiente (un voucher oggi vale 12 euro lordi e 10 netti l’ora), costituirebbe comunque un indubbio avanzamento per milioni di lavoratori. Ma questa cifra deve riferirsi chiaramente ai “minimi tabellari” dei contratti nazionali e non alla retribuzione complessiva, come erroneamente scritto nel ddl. Un punto sostanziale che, se non corretto, renderà inapplicabile il provvedimento.

 

I sindacati confederali non vogliono che si stabilisca una soglia neanche di 9 euro lordi, perché hanno ormai stretto un patto di ferro con Confindustria. Nonostante che molti dei loro contratti stabiliscano minimi molto al di sotto dei 9 euro lordi, continuano a sbandierare la contrattazione collettiva come toccasana contro il lavoro povero.

 

Con la proposta di legge del senatore del Pd Tommaso Nannicini, recentemente depositata in Senato, hanno chiarito la loro posizione: niente salario minimo e delega a loro per legge a stabilire i criteri della maggiore rappresentatività. Un passo molto pesante verso il ritorno al regime delle corporazioni.